lunedì 26 dicembre 2011

TART TATIN PER NATALE

Il mio Natale è cominciato con un risveglio delicato, alle prime luci dell'alba. La casa silenziosa è ancora buia, solo le lucine di Natale a illuminare i miei passi leggeri e ancora incerti verso la cucina. Con gesti quasi automatici ho preparato due tart tatin per il pranzo. Così mi è stato chiesto da chi ama questo dolce. Niete panettone, putroppo, almeno fino a quando un bel giorno dirò che è ora di comprare un'impastatrice. Per ora tanti biscotti e queste due tatin. Il profumo del burro, quando si scioglie nello zucchero caramellato è sublime. E la casa comincia a risvegliarsi pian pian, avvolta da quest' aroma dolce e particolare. La frolla ricca di scorza di limone è un po' difficile da stendere, nonostante la notte trascorsa al fresco, in frigorifero.




Intanto, mentre la seconda torta cuoce beata, si son fatte le otto e io finisco di impacchettare gli ultimi piccoli doni. Il maglione finito appena in tempo, la sera prima, l'ho messo sullo stendino tutta la notte per prender la forma. Alla luce del giorno lo trovo quasi bello e sono soddisfatta. Per ultima cosa confeziono le due Tatin ancora leggermente tiepide. E poi si parte per la nostra giornata. Abbiamo ben due case da visitare.





Oggi, con l'avanzo della frolla (che è bello abbondante) ho preparato dei biscotti al profumo di limone di varie forme da offrire a chi passerà di qua in questi giorni di "quasi-festa", o da portare a chi rivedremo dopo un bel po' di tempo. Magari chiusi in qualche sacchettino o accanto a una tazza di te bollente.











martedì 20 dicembre 2011

IL NATALE MI SFUGGE

Arrivo così, all'ultimo, anzi ultimissimo momento!!! Quest'anno il lavoro mi ha assorbita letteralmente e mi terrà ancora stretta a sè fino alla vigilia intorno alle ore 19.30...
Ma assolutamente non mi lamento! Per prima cosa HO UN LAVORO, e quindi ringrazio per questo.
E per seconda cosa mi piace anche il mio lavoro e mi ritengo molto fortunata. Certo, è imprevedibile, talvolta difficile, e alterna giorni splendidi ad altri bui con conseguenti sbalzi umorali della sottoscritta. Ma quest'anno sono soddisfatta. Anche se mi è mancata moltissimo la mia cucina. E dire che questo sarebbe il primo Natale nella nuova cucina! Spesso avrei voluto tornare a casa tuffare le mie manine in burro zucchero e farina!!!
Qualcosa sono riuscita a combinarlo, in realtà. Gli speculoos (quelli di Sigrid): ormai da qualche anno sono immancabili protagonisti delle nostre amate colazioni pre-natalizie!
Amati fin da quell' assaggio di oramai tanto tempo fa, la mia prima volta nella romantica e stupenda Bruges... Non appena trovai questa ricetta li feci immediatamente.
Ah, la cannella! Ma può esistere il Natale senza il suo profumo? :) E comunque i biscotti sono quel tipo di cosa che adoro fare, vuoi per la componente "plastica" ovvero per la manipolazione dell'impasto, vuoi per il fatto che stimolano la fantasia...e poi mi piace mangiarli, offrirli accanto alla tazzina del caffè o insieme a un buon te. Inoltre io colleziono formine per biscotti da anni. Ovunque vado cerco di tornare a casa con il prezioso oggetto e anche i mercatini delle pulci spesso ne offrono di antiche e affascinanti!















Ecco quindi una ricettina facile facile per dei biscottini che accompagnava una teglia per biscotti a forma di bretzel. L'impasto è norbido e si spalma con una spatola di gomma fino a colmare le formine. Una volta cotti basta un colpetto sul tavolo o su un tagliere e...piovono biscotti!
Ora sul mio quadernino delle ricette da fare per Natale avveo scritto "rugelach", "julekake" e "babka al cioccolato"...Chissà!!!



Biscottini "bretzel"

45 gr di zucchero
1/3 cucchiaino diestratto di vaniglia
65 gr di burro morbido
1 uovo felice medio
110 gr di farina bio
una noce di burro per la teglia



Prima di tutto imburrare la teglia in ogni angolo. Io faccio fondere leggermente la noce di burro e poi, con un pennellino dalle setole in silicone, distribuisco bene il burro su tutte le parti della teglia. Mettera le teglia così imburrata in frigorifero.
In una ciotola mettere il burro, lo zucchero e impastare (ancher usando le fruste elettriche). Poi aggiungere l'uovo, l'estratto di vaniglia e, per ultima, la farina.



Stendere subito l'impasto sulla teglia con una spatola morbida. Ci vorrà un po' di pazienza, bisogna far sì che tutte le formine siano ben piene di impasto e che il resto della teglia sia pulito (o quasi) da residui di composto.



Infornare i biscotti a 160° C per circa 10 -12 minuti.



Estrarre la teglia dal forno quando i biscotti saranno leggermente dorati, aspettare circa 5 minuti e poi prendere la teglia e capovolgerla danda dei piccoli colpi sul tagliere o sul tavolo. I biscottini cadranno pian piano.



Si possono cospargere di zucchero a velo oppure intingerli uno a uno nel cioccolato fondente fuso e lasciarli raffreddare poi sulla carta da forno.






mercoledì 7 dicembre 2011

DELIZIE CARSICHE/2

la "Gibanica"


Ok, forse non è propriamente "carsico" questo dolce. Ma io me ne sono letteralmente invaghita. E in fin dei conti l'ho mangiato nella gostilna di cui sopra! Quindi è un dolce tradizionale a tutti gli effetti, è di una zona molto circoscritta -così mi hanno raccontato- e non si prepara quasi più. Diciamo che non è esattamente la quint'essenza della leggerezza...Ma lo stile, il profumo, il sapore e le stesse materie prime di cui è fatto hanno tutta l'aria di certe cose gustate a Budapest o preparate dai miei amici ungheresi.
Innanzitutto c'è la mela con la sua prediletta compagna uvetta. Poi un altro matrimonio d'amore (a tre però): la ricotta, le noci e i semi di papavero cotti nel latte bollente.
La cosa che mi ha affascinato è la suddetta torta si compone di vari strati, ultimo dei quali quello di mele. Ma sono davvero tanti questi piani! Direi almeno 4! Sì perchè, lo ammetto, non ho ancora avuto il tempo necessario per studiare bene le varie (ma poche) ricette trovate. E poi anche la realizzazione non pare immediata. Ma secondo me basta un attimo di calma, un occasione speciale in cui lasciarsi andare e accettare di buon grado il fatto che si assumeranno circa un migliaio di calorie in una sola fetta di dolce. Penso che la proverò a Natale.
Per ora dico solo che ne vorrei sicuramente una fetta emi piacerebbe farla assaggiare a un po' di persone.
Il suo nome è "Gibanica" ma si pronuncia "gibanìza".





il miglior burek di Zagreb


aglio e miele


piccole barbabietole




peperoni bianchi




E poi un bellissimo momento per me e un consiglio per chi va a Zagabria. Impossibile perdersi il mercato. Io ho volteggiato per circa due ora tra peperoni bianchi, barbabietole sorprendentemente piccole, enormi contenitori di miele artigianale (tra cui una vera e propria tanica), svariate bottiglie e bottigliette di grappe, frutta essiccata e formaggi dalla esuberante veste arancione.

Poi, in un angolo della piazzetta si scende qualche scalino e si arriva al miglior "burek" della città. Parola mia. E' stato il mio pranzo, accompagnato da uno yogurt.

giovedì 24 novembre 2011

DELIZIE CARSICHE/1

















Sì, siamo stati via la scorsa settimana. In origine il viaggio doveva essere un altro...ma per motivi che non sto a spiegare, la meta è cambiata all'ultimo momento. Ma, come si sa, a volte ciò che avviene per caso si rivela poi la più splendida sorpresa che ti potessero fare!
Trieste, il Carso li conosciamo già un pochino...anzi, a dir la verità noi amiamo molto questa città e il suo "enroterra". Così come adoriamo i paesini che segnano il confine con la Slovenia, terre carsiche di straordinari colori, calda accoglienza e deliziosa cucina. Si tratta di cibo genuino, con tradizioni forti e robuste, ma che rivela anche un volto nuovo, contemporaneo.
Oggi in particolare vorrei solo accennare alla ricchezza di sapori di queste terre. Perchè la cosa è più complessa di quanto possa apparire a prima vista (o "al primo assaggio"!). I sapori sono ricchi di contaminazioni dell'est Europa, ma sono tante anche le sfumature austriache.
I nostri ottimi ospiti, proprietari e bravissimi gestori del B&B "Le Casite", (a Trebiciano, una manciata di casette vicino a Opicina), sono il nostro punto di riferimento laggiù. Oltre a essere uno dei migliori Bed and Breakfast provati in Italia, per una serie di motivi che al più presto illustrerò, loro consigliano tanti posti interessanti dove andare: per bere un buon vino, acquistare il miglior miele d'Ilalia, dell'ottima birra artigianale e anche per mangiare cose squisite a prezzi più che onesti. Si tratta di luoghi di innegabile fascino, immersi nella campagna carsica. Antiche "gostilne" che da generazioni propongono cibi corposi, sani e fatti come un tempo. Occore dire che questi posti in autunno sprigionano una così forte personalità da lasciare abbagliati. Boschi rossi e arancio, suolo argento di roccia, campanili, tetti di case piccole e teneramente robuste. Viti d'oro e prati verde smeraldo. Il paesaggio nasconde in sè una nota struggente; è bello, ma di una bellezza ruvida e dura.







E il cibo, tanto per tornare all'argomento, è pure lui così.
Le cose gustate sono state tante, alcune notevoli, ma vorrei cominciare la "Ravbar", gostilna dal 1888.
Qui, dopo aver scoperto che eravamo due vegetariani, non si sono scomposti per nulla e ci hanno servito una zuppa di frutta e verdura a dir poco celestiale, seguita da un piatto unico di verdure.
La prima è stata da noi esaminata attentamente per scorgerne gli ingredienti. Il sapore dolce e agrumato faceva pensare all'arancio e alla mela. Ma c'era anche qualcosa di estremamente ricco e pieno. Carote e..non riuscivamo a capire. Alla fine ci siamo arresi e abbiamo domandato. Ci hanno risposto "basilico".
La zuppa, servita in un grande piatto con una piccola cavità al centro, era accompagnato da un panino alle erbe, annodato e adagiato sul piatto, proprio sopra la vellutata.












Una volta a casa, inutile dire, ho provato a replicare. Non ho imbroccato esattamante il sapore che ricordavamo...Ma ci sono andata vicino.


ZUPPA DI FRUTTA E VERDURA ALLA "RAVBAR" come l'ho fatta io


5, 6 carote

2 piccole mele renette

un mazzetto di basilico

1 scalogno

1 pizzico di zenzero in polvere

mezza arancia spremuta



Ho affettato sottile lo scalogno, l'ho messo in una pentola di terracotta con un filo di olio e.v.o. e un cucchiaino raso di zenzero in polvere. Una volta appassito lo scalogno ho aggiunto le carote tagliate a tocchetti, atteso circa un minuto e aggiunto le mele tagliate a cubotti. Ho sfumato con il succo dell'arancia e poi ho coperto tutto a filo con dell'acqua. Il tutto cuoce in circa 25 minuti. Alla fine ho buttato in pentola il basilico e ho frullato la verdura in modo da ottenere una vellutata.

La mia è rimasta molto arancione, quella dello Zavbar era molto più verde...Che ci sia un segreto dello chef che non hanno voluto svelarmi? :)


Non importa, anzi, così deve essere!


La zuppa è risultata comunque ottima, nutriente e corroborante. L'ideale per una serata d'inverno, guardando, fuori dalla finestra, i tetti fumare dai loro camini e pensando con nostalgia alla Slovenia e al caro Carso.


























A presto altre cose scoperte e amate.

venerdì 11 novembre 2011

INSALATA TIEPIDA DELL'EST



Sono stata più di una volta nell'Est Europa...che ricordi! Per me la pura essenza del viaggio "come deve essere". Una semplicità capace di sorprenderti, il particolare profumo dell'aria e l'atmosfera delle città così come delle campagne. Gli spostamenti in treno o in macchina, lenti e intensi, quando da un finestrino vedi scorrere realmente strade, campi, case, paesi e ti rendi conto che sei nel bel mezzo di un'avventura.
Anche se ero piuttosto giovane e ancora non cucinavo spesso, ricordo che al rientro quei i sapori provati mi avevano affascinata a tal punto che bramavo i fornelli per tentare di ricreare la magia gustata a casa di chi ci ospitava o nel bar-cucina di una sperduta stazioncina dei treni...
Tutto questo mi è tornato alla mente l'altro dalle "signore delle verdura" (luogo che io chiamo così, di cui parlerò al più presto, dove mi rifornisco settimanalmente di prodotti ortofrutticoli) annusando le barbabietole cotte al forno, che, proprio come furono le madeleines per Proust, mi hanno riportato in un attimo al mercato di Cluj Napoca.
O a quella sera che un caro amico di famiglia di Mosca ha cucinato con sua mamma nella nostra cucina un piatto incredibile a base di barbabietole, mele, uova, cipolle, patate, aringhe e maionese che prima o poi posterò (anche se l'aringa oramai è un vago ricordo per me), anche perchè ha un nome piuttosto evocativo : "aringa in pelliccia"! E a pensarci bene il piatto che oggi vorrei descrivere, cucinato qualche sera fa per cena, ha un che di quella preparazione...
Per me comunque è un mix di profumi e sapori che mi fa stare bene, mi ricorda bei momenti spensierati e condivisione del cibo con amici vicini e lontani...





TIEPIDA INSALATA DI BARBABIETOLE

2 barbabietole al forno
2 patate
uno scalogno
4 carote
1 mela verde (vanno bene anche le renette)
una tazza di yogurt tipo greco (io ho usato quello fatto in casa, molto denso)
olio di oliva
aneto secco
qualche goccia di limone

Sbucciare le patate e le carote e la mela e tagliare tutto a tocchetti più o meno uniformi.
Far scaldare dell'olio in una padella unire lo scalogno ridotto a fettine e lasciare appassire qualche minuto. Poi aggiungere le patate e le carote, allungare con mezza tazzina d'acqua calda e coprire (io uso un coperchio di vetro che mi permette di monitorare la situazione). Tenete d'occhio, devono diventare tenere ma non troppo, quindi, se occorre, unite ancora poca acqua. Dopo circa 10 minuti di cottura mettete anche la mela e continuate.
Intanto sbucciate e tagliate anche la barbabietola. Poi, quando la forchetta entrerà senza fatica nelle verdure, aggiungetela in padella. Deve solo riscaldarsi un po' e insaporire le altre verdure. (e tingerle con quel suo colore così pop eppur naturale). Ci vorranno circa una ventina di minuti in totale, e le verdure saranno pronte. Aggiustate di sale, spegnete il fuoco e coprite.
Dedicatevi quindi alla preparazione della salsa.
In una ciotola versate circa 250 ml di yogurt, il succo di limone e l'olio e emulsionate con una forchetta o una frusta. Salate e aggiungete l'aneto. Sbattete ancora qualche secondo.
Io porto in tavola l'insalata con la salsa a parte, in modo che ciascuno possa scegliere se e quanto condire le verdure.

P.S.
Probalbilmente la salsa che ho assaggiato laggiù era panna acida: ma questa qui è molto simile e moooolto più light!




giovedì 3 novembre 2011

LA TORTA IN PENTOLA







Un giovedì mattina di quest'estate, in pieno trasloco, sono andata al mercato sotto casa per cercare un secchio o una bacinella, insomma, qualcosa in cui potessi diluire del colore...Vado sicura verso il banchetto che vende le robe per la casa. La signora bionda sorridente si stava pazientemente occupando di una madama che voleva comprare qualche metro di quei tappetini di gomma da mettere sotto il lavandino. Essendo questa molto indecisa, ho avuto tutto il tempo di esaminare la mercanzia. Padelle "girafrittate", caffettiere da orzo, stampi colorati di silicone per dolci, ogni genere di attrezzo e utensile per la cucina, il bagno, eccetera.
Una strana pentola però ha attirato la mia attenzione. Munita di coperchio, la casseruolina assomigliava vagamente per fattezza e colore, al pentolame di mia nonna, in alluminio. E anche a quegli stampi da budino vintage che tanto mi piacciono.Il coperchio aveva alcuni fori ed era ben imballata. Già che la trattativa per il tappetino di gomma sembrava continuare all'infinito, ho fatto che prenderla in mano per esaminarla più da vicino...Sul cartoncino della confezione c'era scritto "fornetto da gas per torte". " Incredibile!!! Cioè, io con questo robo posso cuocere una torta anche con 8000 gradi???" - ho pensato- e in quei giorni di agosto chi si sognava di accendere il forno? La signora bionda mi ha poi spiegato che potevo prepararci tutto ciò che volevo, lì dentro: mele, patate, insomma, come un forno "vero".
Per la cifra di 11 euro me la sono portata a casa....E non vi dico quante ne ho comprate nei giorni seguenti!!! Ogni giovedì (giorno di mercato)la stessa scenetta : "Signora, sono di nuovo io, non è che avrebbe ancora un fornetto? L'amica di mia mamma ne ha sentito parlare e..."
Per ora ho preparato solo dolci, ma non dico che emozione ogni volta che la metto sul fuoco! E poi ogni due minuti vado a sbirciare dai buchi (con rischio ustione da vapore caldo) per vedere se l'impasto cresce, come sta cuocendo...Insomma, se ne può fare a meno, certo, ma punto primo: quest'estate ho preparato tante leggere e buonissime ciambelle per le nostre colazioni energetiche prima di cominciare a imbiancare, a stuccare, a trasportare scatoloni...
E poi i dolci cotti lì dentro sono morbidi e fragranti, forse merito del vapore? Dalla diversa maniera che la torta ha di cuocere e di prendere il calore?
Mia mamma ci fa un'ottima torta di macedonia. Io invece amo particolarmente questa qui al cacao amaro e pere madernassa.







TORTA IN PENTOLA AL CACAO E PERE



200 gr di farina di frumento
100 gr di farina di riso

2 uova
150 gr di zucchero
80 ml di olio di semi
2 cucchiaio belli colmi di cacao amaro
1 bicchiere di latte (o di yogurt bianco intero)
una bustina di lievito per dolci
un pizzico di sale
2 piccole pere madernassa o quelle che preferirite

Imburro per bene il mio fornetto.
Sbuccio le pere e le taglio a pezzetti o a fettine (a seconda di come si preferisce che sia la consistenza della frutta quando si morde una fetta di torta).
Setaccio in un recipiente le farine, il cacao, il lievito.
In una ciotola capiente sbatto poi le uova con lo zucchero fino a quando non sono belle chiare e gonfie. Aggiungo poi l'olio a filo e il bicchiere di latte (o di yogurt).
Unisco la farina poco per volta, sempre sbattendo con le fruste fino a quando il composto si presenta bello liscio e omogeno. Per ultima cosa incorporo la pera e mescolo il tutto con un cucchiaio di legno.
Ora non mi resta che versare il tutto nella mia "teglia" e mettere sul fuoco!
La fiamma deve essere bassa ma non al minimo e possibilmente costante.
Dopo circa 40 minuti la torta dovrebbe essere cotta. Ma dipende davvero da tanti fattori!


Comunque, dopo 20-25 minuti, è possibile alzare un pochino il coperchio e infilare il classico stecchino per verificare la cottura.
Lascio raffreddare poi la torta nello stampo e la sformo in un bel piatto. Et voila.
Alla fine faccio cadere una bella pioggia di zucchero a velo sulla ciambella. E anche setacciato con un cucchiaino di cannella non è male!


martedì 1 novembre 2011

UNA SEMPLICISSIMA CREMA DI RAPE E PATATE ALL'ALLORO







L'altro giorno mi sono resa conto di avere il frigo pieno di rape. E pensare che fino a una certa età le detestavo. Il loro sapore vagamente amaro mi impediva davvero di apprezzarne ogni altra sfumatura.


Ora invece mi piacciono molto. Non sono in cima alla lista delle verdure amate, ma le compro davvero spesso. Per prima cosa mi attira il loro aspetto, comlice il fatto che il mio colore preferito sia, guarda caso, esattamente quello delle rape. Le cassette colme di questi "bulbi", di queste radici viola, tonde, simpatiche, semplici e rustiche mi conquistano e alla fine la classica scappata al mercato dei contadini o al negozio di verdura si conclude sempre con il mio ritorno a casa con il bottino in borsa.

Le ho già cucinate in tanti modi e da un po' di tempo me le vedevo protagoniste di una vellutata che immaginavo candida come la loro polpa e molto cremosa. Ma avevo alcuni dubbi a riguardo. Per esempio che tipo di erba aromatica accostare al gusto dolce/amaro delle rape. E poi sarebbe stato necessario aggiungere qualcosa di più consistente, come la patata per esempio, che mi viene in aiuto spesso quando voglio rendere più corposa una passata?

Poi, leggendo "La Cucina", ho trovato una ricetta molto interessante: minestra cremosa di rape e patate che prevedeva poi una spolverata di tartufo, mi pare.

E allora mi sono decisa. Ma come spesso accade, ho improvvisato..

Il tempo era poco, la fame incalzava, quindi occorreva agire senza troppi scrupoli e cucinare!


Quindi, in definitiva, ho preso circa 4 rape di media grandezza, le ho affettate bene. Nel frattempo ho messo in una pentola dal fondo spesso un pochino di olio extravergine di oliva (un cucchiaio abbondante), tre/quattro foglie di alloro e uno scalogno affettato sottilmente. Un minuto di sfrigolio e ho aggiunto le mie rape. Poi un paio di patate piccole anch'esse tagliate a fettine (questo proprio per velocizzare la cottura). Un alro minutino per far sì che le verdure sprigionino il loro profumo, poi le ho ricoperte con acqua.

Ho chiuso il coperchio e ho fatto cuocere per circa una ventina di minuti. Solitamente quando il tutto comincia a bollire, tolgo il coperchio e abbasso la fiamma.

Quando le verdure sono molto molto tenere spengo il fuoco e dopo qualche minuto frullo il tutto (uso sempre il frullatore a immersione direttamente dentro la pentola).

Buona, mi è piaciuta e diventerà una delle vellutate di casa nostra, insieme alla cara crema di zucca.

Non è una ricetta, ma semplicemente un modo semplice di gustare la verdura in un modo molto infantile, quasi primordiale...La prossima volta vorrei eliminare le patate e vedere come viene. Oppure aggiungere dei legumi.

Noi la abbiamo gustata con dell'ottimo pane umbro comprato a Eataly in una delle mie gite (ora ce l'ho proprio vivono a casa) che in parte ho tagliato a cubetti, condito con olio extravergine e maggiorana e fatto dorare in forno. E devo dire che un corposo Nebbiolo ci sta davvero bene :)










giovedì 27 ottobre 2011

IL MERCA' D'LE FUMNE - "Il mercato delle contadine di Saluzzo"

Qui a Cherasco, dove vivo io, il mercato settimanale è il giovedì mattina.
Io nutro un grande interesse (per non dire che sono una fanatica) per i mercati. E poi, per una come me che si nutre al 90 % di verdura, sono di importanza vitale i mercati dei contadini, ovvero dal produttore direttemente sulla mia tavola (cioè del consumatore).

Quello di Cherasco è un mercato ridotto all'essenziale, ma c'è comunque tutto ciò serve per vivere.
Ci sono tre banchi di verdura e frutta, c'è il camioncino del pesce, quello dei formaggi locali e poi tutta una serie di cose da "vecchio paese del Piemonte". Come il tizio che vende stoffe che è lì da quando ero piccola (molti dei nostri abitini da bimba cuciti da nostra madre...ecco la stoffa veniva già da questo banco del mercato, per dire).
E poi sono pur sempre nipote di due nonni che se non li si obbligava qualche anno fa ad andare in pensione e a interrompere quella faticosa (ma affascinante) vita lavorativa, a quest'ora erano ancora lì a vender pigiami e calze e a prender freddo!
Certo, se penso che quando ero in vacanza da scuola, in estate, supplicavo mia madre di lasciarmi andare con loro a fare i mercati, sul furgoncino Volkswagen alle 5.30 della mattina...Che belle colazioni con la nonna, ogni giorno in un caffè diverso, in una città diversa. Quante facce e quanti bei ricordi...
Insomma, che mi arrivi da lì la passione per i market?? Forse...
Essendo appunto un'assidua frequentatrice di mercati anche oggi, ho un bell'elenco per aiutarmi a ricordare giorno, città/paese dei dintorni, per non perdermene mai uno. Così, quando ho un po' di tempo, o voglio semplicemente rilassarmi e farmi del bene, parto e vado a fare una bella visita, talvolta a Cuneo, talvolta a Bra, Dogliani, la Morra e così via.



Ma c'è un posto che più di ogni altro mi piace e mi affascina e che (anche se recentemente si è colorato di una sfumatura un tantino "turistica" ma infondo, benvenga!) sa davvero di antico. Si tratta del "mercà d'le fumne" nella meravigliosa città di Saluzzo. Per chi non conoscesse questo paese,(perchè? c'è forse qualcuno che non è mai stato a Saluzzo???) beh, è un luogo davvero incantevole!
Qui tutto sa di antico e di misterioso, basta fare un giro nei vicoli della parte alta, dove si trova l'ex carcere della Castiglia, antico castello del '200 dei Marchesi di Saluzzo; una miriade di stradine, scalette, e viuzze che portano sempre in qualle incantevole piazzetta o giardino. Il tutto con quell'atmosfera leggermente decadente, comune a molte cittadine limitrofe, ma che comunque ha il suo perchè.
Il "mercà d'le fumne" (letteralmente "il mercato delle donne" in piemontese), si svolge in una di queste piccole vie, chiamata "porti scur" (portici bui). Queste anziane contadine, fazzoletti legati sotto il mento, in questo angolo senza tempo, vengono a vendere ciò che arriva dai loro piccoli orti: verdure e frutti (per lo più mele e pere in questa stagione, qualche kaki o melograno, nocciole e castagne). E poi commoventi mazzi di fiori di campo e di giardino, uova fresche, qualche volta anche formaggio. Non stupitevi se peseranno i vostri ortaggi su vecchie bilance di ferro con i pesi, è una prassi!Vi lascio qualche immagine relativa al mio bottino al ritorno da Saluzzo...Purtroppo non avevo la macchina fotografica con me, ma la prossima volta la porterò e cercherò di essere discreta per rubare qualche espressione...













martedì 25 ottobre 2011

QUATTRO QUARTI ALLE MELE E LAVANDA










Per molto tempo ho sentito parlare del "quattro quarti". Senza sapere cosa fosse in realtà.
Per la prima volta incontrai questo dolce in Francia, sbirciando nella vetrina di una pasticceria, penso fosse in Bretagna. I caffè e le pasticcerie francesi, con le loro incantevoli e seducenti creazioni non possono che catturare gli sguardu di golosi, e di amanti del bello...Per me fu amore a prima vista in quel 1998, anno della maturità e del primo vero viaggio che intrapresi con il più classico dei copioni: zaino in spalla, treno, autostop e amici. E la Bretagna con il suo cielo tempestoso e poi improvvisamente sereno, le onde impetuose e i gabbiani di Point Du Raz, i cimiteri e le chiesette di pietra, le ortensie...e i suoi dolci per me così diversi...Fu un colpo di fulmine, dicevo. E proprio le panetterie e le pasticcerie mi rapirono, con il loro modo così curato di allestire le vetrine e i banconi. Quasi esponessero opere d'arte (e a volte proprio di arte si tratta).
In particolare ricordo un pomeriggio di pioggia battente; dopo chilometri (sì!!! chilometri!!) a piedi arrivamo fradici e zuppi in un paesino di cui non ricordo nemmeno più il nome. Infreddoliti e con una gran fame di merenda (a 18 anni è un bisogno la merenda!) , entrammo in una piccola pasticceria, unvero paradiso dotato di tavolini per poter prendere con calma un dolce accompagnato da te o caffè. E qui finalmente un incontro ravvicinato con meravigliose paste da te e dolcini. Qualcuno scelse una piccola crostata con rosse e scintillanti fragoline (oggi penso fosse la "tarte aux fraise"), altri il "pain au chocolat". Io colta alla sprovvista dallo sguardo interrogativo della signora del megozio, indicai con il dito un dolce che sembrava un plum cake di quelli che preparava anche mia madre...dal misterioso nome "quattro quarti".
Buono, una vera coccola con il te caldo. Solo qualche anno dopo, quando comincia a dare vita alla mia passione per la cucina dolce, capii il significato del suo nome.
Quattro ingredienti, ognuno dello stesso peso delle uova.
Da allora ne ho fatti di esperimenti. Ho diminuito le uova quando necessario, ho provato a sostituire parte del burro con dello yogurt denso, ho aggiunto frutta o cacao. Ma questa ricette mi viene sempre bene e piace a tutti. E in questa torta convivono due cose che amo: la pasticceria e la Francia.











QUATTRO QUARTI MELE E LAVANDA (in questo caso un 3/3?)


3 uova pesate intere, con il guscio

lo stesso peso di burro, di zucchero e di farina

3/4 di una bustina di lievito per dolci

2 mele

1/2 cucchiaino di fiorellini di lavanda essiccati



Imposto il forno a 180°C. Preparouna teglia imburrandola. In questo caso ho usato una tortiera rotonda da 22 cm, può andare bene anche uno stampo da cake.

Per prima cosa metto a fondere il burro nel forno (mentre si scalda) in una ciotola resistente al calore. Quando il burro è completamente fuso tolgo la ciotola dal forno (presina!) e metto dentro i fiorellini di lavanda, in infusione. Lascio raffreddare il burro fuso (se non voglio i fiori di lavanda nell'impasto lo filtro con un colino).

Intanto monto le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso e chiaro. Incorporo il burro profumato nell'impasto e per unltima aggiungo la farina con il lievito, lentamente, girando con un cucchiaio di legno.

Sbuccio e taglio la mela a fettine. Prendo lo stampo imburrato lo cospargo di zucchero e poi dispongo le fettine di mela come fossero petali di rosa. Rovescio l'impasto sopra alle mele, livello per bene.

Inforno. Il tempo è relativo al tipo di stampo, ma in circa 35-40 minuti la torta dovrebbe essere cotta. Io comunque faccio sempre la prova stecchino. Se esce asciutto ok!

Quando tolgo la torta dal forno aspetto qualche minuto e poi la capovolgo su un piatto bello grande. Ed ecco le mele che giacevano sul fondo, ora in bella mostra!

Se mi va aggiungo qualche fiorellino di lavanda mentre il dolce è ancora caldo, come tocco decorativo e aromatico.
* ho preparato il quattro quarti anche separando gli albumi dai tuorli, montando gli albumi a neve e aggiungendoli per ultimi all'impasto, delicatamente, con una spatola. Di solito lo faccio quando non metto frutta nel dolce

** si può anche, come dicevo sopra, sostituite circa metà del burro con dello yogurt tipo greco:l'impasto risulta molto morbido e leggero!



lunedì 24 ottobre 2011

IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO




Gli inizi mi hanno sempre reso un po' nervosa: da un lato sento quell'energia irrefrenabile, tipica di quando ci ci si accosta a qualcosa di nuovo; ci sono un mare di cose che vorresti dire o fare (in questo caso qui, scrivere). Dall'altro lato invece è come se indugiassi continuamente "sulla porta", senza il coraggio di entrare, sorridere, prender parola.
Qui, nella prima "pagina" scriverei dunque l'intestazione di questo nuovo quaderno.
La "materia" in questione, il cibo: poi che siano ricette o appunti di viaggio, posti dove si mangia, luoghi dove si compra, sempre di cibo si tratta. E in particolare di cibo vegetariano, ovvero ciò che cucino ogni giorno per la mia famiglia.
In sostanza il mio personalissimo modo di intendere la cucina vegetariana, dalla colazione alla cena.
Il cibo del risveglio, la colazione, ha senz'altro un posto unico nel mio cuore! Amo preparare qualcosa di buono, apparecchiare per bene il nostro piccolo tavolo per due per poi goderci quei pochi, ma preziosissimi, minuti mattutini.
E' anche capitato...anzi, capita spesso a dire la verità, che io mi alzi un (bel) po' prima perchè magari quella mattina mi è venuta in mente quella cosa che devo assolutamente provare.......Ma penso sia una cosa molto più comune di quanto si pensi, non è vero?
Quindi non sconvolgerò nessuno se come prima ricetta propongo questi PANCAKES semplicissimi e velocissimi da preparare, adatti anche per le emrgenze dell'ultimo minuto. Quelle del tipo: finite le fette biscottate, solo qualche briciola nel cesto del pane, nessuna traccia di biscotti o di qualsiasi cosa inzuppabile nel latte/te del mattino. Spalmabili liberamente con ogni tipo di confettura o con un bel cucchiaio generoso di miele.














PANCAKES AL CACAO



120 gr di farina

120 gr di latte intero

60 gr di zucchero di canna

20 gr di cacao amaro in polvere

1 uovo felice

2 cucchiaini di lievito per dolci

un pizzico di sale

burro per la padellina




In una ciotola setaccio la farina con il lievito, il sale, lo zucchero di canna e il cacao amaro.
In un'altra ciotola sbatto leggermente il latte non troppo freddo con l'uovo
Poi verso il composto liquido in quello secco, sempre sbattendo con una frusta e cercando di non fare grumi. Se si mescola dapprima poco liquido e poi si unisce il resto via via, di solito la cosa riesce abbastanza facilmente.
Quando ottengo una pastella bella cremosa lascio riposare un minutino il tutto...Giusto il tempo di imburrare una padellina non troppo grande e di metterla sul fuoco dolce a scaldare per bene. Deve essere molto calda ma attenzione che il burro non si bruci!

Verso dunque la pastella (io uso un piccolo mestolo) e faccio in modo che ricopra tutta la superficie della padellina. Quando vedo delle piccole bolle comparire sul pancake e, toccandolo con una spatola, si stacca facilmente dalla padella, ecco è il momento di girarla dall'altra parte. Se non ci si sente ancora pronti per il lancio e la ripresa al volo (scherzooooo) si usa una spatola e il gioco è fatto. Un minutino di cottura anche dall'altra parte e via. Io le impilo una sull'altra formando torrette alte e sbilenche...Oltre all'effetto carino e un po' scenografico (esibizionismo in cucina alle 7 di mattina) la cosa serve per mantenerle calde. Almeno, ho notato che una con l'altra si tengono al calduccio e quando si portano in tavola, la prima fatta non è già fredda! Anche perchè non accendo il forno, non ho tempo a quest'ora! E poi sono buonissime mangiate subito e tiepide.

Io le adoro con il miele chiaro e liquido di acacia, ma anche la marmellata di albicocche è ottima!

Mentre le preparo cerco un po' di musica su "tunein radio"; dal Paese che mi ispira quella mattina, dove per esempio sogno di essere o secondo il genere musicale più adatto al risveglio...